Non profit e digital: cosa funziona, cosa no
Comunicare e creare reti di donazione grazie al digitale
Cosa hanno imparato le organizzazioni non profit da 2 anni di emergenza? Pandemia, guerra, nuovi movimenti migratori…
Distanziamento fisico, distanziamento sociale che quasi inevitabilmente ne consegue, lockdown… sono variabili del tutto antitetiche rispetto alle attività e al modo di operare delle realtà non profit, più o meno grandi, che fanno delle relazioni e dell’incontro uno dei canali principali di supporto alle fragilità del territorio.
L’ecosistema Fondazione Cariplo, che vede nelle Fondazioni di Comunità l’espressione più vicina al territorio in tutta la Regione Lombardia, in risposta all’emergenza sanitaria ha sviluppato un approccio digital per attivare strumenti e canali di raccolta fondi a sostegno del terzo settore e quindi delle persone più fragili, più colpite direttamente o indirettamente: quali sono i canali e le azioni che stanno funzionando meglio?
Canali: il posizionamento online
Per coinvolgere le persone, e a maggior ragione per chiedere un contributo economico, bisogna essere riconosciuti come credibili e integri, avere una storia alle spalle e delle persone che la rappresentano… e trasmettere tutto questo su canali online molto diversi da quelli fisici che si era abituati a usare: già prima dell’emergenza sanitaria, molte delle 16 Fondazioni di Comunità stavano lavorando attivamente per aggiornare o in alcuni casi creare, la loro presenza digitale.
Su quali canali? Come? Per una realtà non profit è di vitale importanza essere presenti su tutti o sul maggior numero possibile di canali digitali – dal sito a Facebook a LinkedIn… – per il semplice motivo che, nonostante ovvie sovrapposizioni, ogni canale ha una sua audience di riferimento: per tipologia, per caratteristiche anagrafiche, per scopo, o semplicemente per “gusto digitale” degli utenti. Tutti però possono essere potenzialmente interessati dalle attività o dagli appelli di una non profit.
Un sito web ben strutturato, leggibile e SEO oriented – cioè pensato “anche” in funzione di Google – rappresenta l’immagine istituzionale e il punto di riferimento per tutte le informazioni e le attività delle Fondazioni; la pagina Facebook e la pagina Instagram permettono di comunicare con un linguaggio più diretto e immediato, facendo leva su contenuti multimediali e interazioni degli utenti; LinkedIn, più istituzionale, può essere efficace per azioni mirate verso professionisti e aziende su temi come lasciti testamentari e raccolta fondi in ottica CSR.
Comunicazione interna
Le Fondazioni di Comunità come tutti gli enti non profit sono organizzazioni fatte di persone: ognuno porta le sue competenze, il suo sguardo peculiare, la sua esperienza, per la realizzazione di qualsiasi progetto, sia esso un evento o una raccolta fondi. Ma l’emergenza Covid-19 ha rivoluzionato in poche settimane anche il modo di lavorare in team: l’improvvisa impossibilità di riunirsi fisicamente, unita alla necessità di attivare, nel più breve tempo possibile, raccolte di donazioni a supporto delle realtà locali, ha costretto a sperimentare e adottare rapidamente tutti i possibili strumenti digitali per l’organizzazione delle persone e dei progetti.
Le organizzazioni non profit sono state facilitate in questo, dalla gara di solidarietà dei colossi del digital; Google, che già offre al terzo settore una serie di applicazioni e funzionalità gratuite, ha creato in Google per il non-profit una sezione Risorse relative al Coronavirus. Asana, una piattaforma per la collaborazione in team e il project management, ha rilasciato Asana for Nonprofits. Non da ultimo le piattaforme di videoconferenza, importanti anche per mantenere un contatto visivo fra le persone, dalle più note – Skype, Teams di Microsoft, Hangout di Google – alle nuove che hanno spopolato in questo periodo come Zoom.
Azioni digitali
Canali di comunicazione, posizionamento online, organizzazione del lavoro sono precondizioni per sviluppare azioni di comunicazione efficaci: qual è il tono di voce adeguato per parlare in un contesto emergenziale? Quali le azioni e le modalità per diffondere al meglio e il più possibile la richiesta di sostegno da parte della comunità?
Chiedere soldi alle persone, in particolare sui social network, innesca sempre dinamiche complesse e non del tutto prevedibili: da domande legittime anche se a volte espresse con tono provocatorio – “chi siete?”, “che fine fanno i soldi?” – agli hater e alle fake news sulla nostra organizzazione in particolare e sul mondo non profit in generale… ma per quanto difficile bisogna provarci: in questo periodo abbiamo constatato che alcune leve sono più opportune ed efficaci rispetto ad altre, ecco qualche esempio.
FUNZIONA dare concretezza ed evidenza dei beneficiari e di cosa è stato fatto con le donazioni ricevute: come si traduce questo nella comunicazione sui social network?
Immagini e video di cosa è stato acquistato o dei servizi offerti, direttamente inviati dalle realtà beneficiarie, per esempio:
Far parlare le persone, testimonial popolari vicini al territorio ma anche figure istituzionali della Fondazione:
FUNZIONA MENO il messaggio generico e il mettere in primo piano l’istituzione rispetto al progetto specifico: un post che possa anche vagamente suonare come “Sono Fondazione X, dona a me che poi penso io ad aiutare il territorio” è un invito a nozze per l’hater di turno.
FUNZIONA ridurre la “friction”, cioè lo sforzo – espresso per esempio in numero di clic e campi da compilare – richiesto all’utente per compiere un’azione: sulla riduzione della friction le grandi piattaforme di ecommerce hanno costruito al loro successo, abituandoci alla facilità di acquistare “con un clic”; e così le raccolte fondi devono sfruttare tutte le possibilità per rendere facile l’azione dell’utente, prevedendo tutte le modalità possibili fra cui toccherà a lui scegliere la più comoda: il tasto “Dona ora” sulla pagina Facebook, il pagamento con PayPal o carta di credito in una pagina del sito semplice e comprensibile, il bonifico o la telefonata per chi si trova più a suo agio con sistemi “tradizionali”…
Tutte le Smart Organization, profit e non profit, stanno ripensando le loro attività in ottica di trasformazione digitale: la sfida, come auspica Enrico Noseda è di innescare un “cambiamento culturale” per cui l’innovazione non sia solo un “rimedio tattico” per limitare i danni in questo periodo, ma un’opportunità per far crescere le persone e le idee negli anni a venire.